Abusi edilizi e diritto alla salute: quando è possibile fermare la demolizione?

Un immobile abusivo, anche se abitato da persone affette da gravi patologie, non può essere sottratto all’ordine di demolizione. A ribadirlo è la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 23457 del 24 giugno 2025, che ha annullato la decisione del Tribunale di Napoli che aveva revocato l’ordine di demolizione di un immobile abusivo a causa della grave condizione clinica della figlia della proprietaria, affetta da autismo.
Secondo i Giudici della Corte di Cassazione, “l’interesse alla salute e alla stabilità abitativa non può costituire un motivo valido per annullare un ordine di demolizione ormai definitivo”, se non nei limitatissimi casi previsti dalla legge.
Si tratta di un principio che segna una linea netta tra esigenze individuali e legalità edilizia, in una fase in cui il legislatore – con il recente Decreto Sicurezza (DL 69/2024, convertito in L. 105/2024) – ha rafforzato le misure contro le occupazioni abusive.
Abuso edilizio: il caso
Nel caso esaminato, la proprietaria dell’immobile aveva invocato motivi di salute legati alla figlia per chiedere la revoca dell’ordine di demolizione, ma la Corte ha rigettato la richiesta spiegando che: “Il principio di proporzionalità non incide sulla legittimità dell’ordine di demolizione, bensì può, al più, regolare i tempi e i modi della sua esecuzione»”.
La consapevolezza dell’abusività e la totale inerzia nel procedere a una regolarizzazione hanno pesato nella decisione della Corte che ha precisato:
- “l’ordine di demolizione integra una misura definitiva che si impone al giudice dell’esecuzione, non potendo questi rivalutare profili di merito già accertati con sentenza irrevocabile”;
- “il diritto all’abitazione non è tutelato in termini assoluti, ma va contemperato con altri valori costituzionali, tra cui quello della legalità urbanistica”.
La Cassazione detta le regole sul principio di proporzionalità
In tema di reati edilizi, la Cassazione ha ribadito, con la sentenza n. 23457/2024, che la tutela del diritto alla salute degli occupanti di un immobile abusivo, anche se affetti da gravi patologie, non può prevalere sull’ordine di demolizione, misura irrevocabile finalizzata al ripristino dell’ordine urbanistico e all’interesse pubblico alla legalità edilizia. Il caso riguardava l’opposizione all’esecuzione di una demolizione disposta nel 1999, riferita a una sopraelevazione realizzata in assenza di titolo abilitativo a Napoli. I ricorrenti, eredi della condannata, avevano invocato, tra gli altri motivi, la necessità di tutelare i familiari affetti da gravi malattie, denunciando la violazione del diritto al rispetto della vita familiare ai sensi dell’art. 8 CEDU (Convenzione europea dei diritti dell’uomo).
La Corte ha ritenuto inammissibile tale doglianza, chiarendo che la giurisprudenza CEDU non riconosce un diritto assoluto a permanere in un’abitazione abusiva, anche se si tratta dell’unico domicilio. Il principio di proporzionalità – ribadisce la Corte – può rilevare solo nella fase esecutiva e ai fini di una eventuale modulazione temporale della demolizione, ma non può essere invocato per evitarne l’esecuzione. In particolare, l’ambiente abitativo deve essere conforme alla normativa edilizia, proprio per garantire il benessere e la salute degli occupanti.
I giudici hanno escluso che vi fossero elementi concreti per ritenere insuperabili le condizioni di salute dei familiari o l’assenza di alternative abitative, evidenziando anche il lungo tempo trascorso dalla sentenza passata in giudicato (1999) all’attivazione del procedimento esecutivo.
Sempre in tema di abusi edilizi, la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 32869/2022, ha ribadito che l’ordine di demolizione, pur finalizzato al ripristino della legalità urbanistica, deve essere attuato nel rispetto del principio di proporzionalità. In particolare, laddove l’immobile abusivo costituisca l’unica abitazione di soggetti in condizioni socio-economiche precarie o affetti da gravi patologie, il giudice dell’esecuzione è tenuto a verificare se l’intervento demolitorio possa compromettere diritti fondamentali, come quello all’abitazione.
Sebbene tale diritto non sia espressamente riconosciuto dalla Costituzione, esso trova tutela nei principi generali e nella Convenzione EDU, che impongono una valutazione bilanciata tra esigenze pubbliche e interessi individuali.
Nel caso concreto, la Corte ha censurato l’operato del giudice che aveva trascurato di considerare la situazione familiare e sanitaria del ricorrente, rinviando il caso per una nuova decisione che tenga conto anche della possibilità di regolarizzazione tramite sanatoria e dei tempi concessi per adempiere.